Non so nemmeno io da dove cominciare.
Il fatto è che quando butti nero su bianco, così, senza badare troppo alla forma, poi mica puoi sfuggire alla realtà. Ed io questo l'ho sempre saputo, motivo per cui ho rimandato tante volte la stesura di questo post.
L'11 Marzo il mio fidanzato ha subito un'intervento chirurgico e Dio solo sa quanto ho pianto e quanta paura ho avuto... A distanza di tempo non riesco a dimenticare tutte quelle sensazioni che per giorni mi hanno ridotta ad uno straccio. Ho seriamente temuto di perderlo, e non so se qualcuno può capirmi. Temevo di non vederlo più uscire dalla sala operatoria, e in un attimo sono stata sopraffatta dai ricordi e da quel sorriso che non sapevo se avrei rivisto... Perchè quando la persona che ami è sotto ai ferri, quando l'intervento dura più delle due ore e mezzo preventivate, un po' di preoccupazioni affollano il tuo cervello, inevitabilmente...
E mi son ritrovata in una corsia d'ospedale a stringere il libro delle preghiere, per trovare una forza che in quel momento non sentivo mia...
Ero alla continua ricerca di una mano, la sua, da poter stringere... Una mano che, in quelle ore interminabili, non trovavo tra quei letti che trasudavano speranza. E se per giorni avevo coltivato l'assurda convinzione che andasse tutto tremendamente bene e non c'era nulla di cui preoccuparsi, mentre attendevo l'esito dell'intervento, mi sono sentita schiava di un destino che non volevo accettare... Perché accettarlo significava anche arrendersi, alzare le mani al cielo e ammettere che noi avevamo perso. Come singole persone e forse un po' anche come coppia.