È già mezzanotte, aspetto di sentire lui che non chiamerà.
I pensieri si susseguono vorticosamente e sono consapevole del fatto che scrivere a quest'ora mi farà male, come sempre del resto.
Mi privo di quella sicurezza, di quella noncuranza che abbraccio durante il giorno, per vestirmi di quei pensieri brutti e scarni che nessuno vorrebbe.
Non sono triste ma dispiaciuta.
Non sono arrabbiata ma un po' più sola e rassegnata.
Penso alla mia vita e alla sua.
Penso alla nostra vita insieme, a quanto poco condividiamo, a quanto poco ci raccontiamo e sappiamo l'uno dell'altra, mentre le ore e i giorni giocano a rincorrersi.
Mi fermo a pensare che forse, in fondo, la vita è tutta qui e un po' fa schifo.
Il lavoro ci trascina lontano e senza appigli non so nemmeno dove o a chi aggrapparmi.
Viaggio senza nemmeno saperlo, viaggio da sola. Perchè alla fine sono sola. Lui non sempre c'è. Ed alterno momenti in cui questa cosa mi pesa, a momenti in cui mi sento "libera" e fortunata così. Penso che ci amiamo, che i nostri progetti sono concreti e questo è un bene. Penso che ci sono coppie in cui uno dei due soffoca l'altro e tiro un sospiro di sollievo. Però poi guardo la mia immagine riflessa allo specchio e capisco che qualcosa manca e qualcos'altro mi tormenta. Passano giorni come stasera in cui nemmeno ci sentiamo, persi come siamo in una vita che non vorremmo.

Mi è sempre piaciuto scrivere, fin da che riesco a ricordare.
Da adolescente mi confidavo con il mio diario segreto dalla copertina floreale un po' rigida, convinta che bastasse un semplice lucchetto a proteggere tutti i miei sogni ed i miei desideri...
Così, finiti i compiti, prendevo penne e colori per dare un senso a quelle pagine dipinte d'un bianco spento, a cui mi piaceva affidare ogni singola emozione che, al tempo, mi sembrava unica, speciale e spesso, insensata.
Scrivevo dei miei amori un po' immaturi, di come sperassi invano che lui, il ragazzino più corteggiato della scuola, potesse finalmente accorgersi di me, una ragazzina goffa, dall'abbigliamento per nulla femminile, che tutti reputavano invisibile.
Scrivevo delle mie compagne, quelle un po' troppo cresciute per la loro età, che già all'epoca si divertivano a sporcare la loro ingenuità con i trucchi rubati alla mamma. Ed io un po' le invidiavo, convinta che fosse quello l'espediente giusto per farsi notare dal resto del mondo.
Passavo interi pomeriggi a scrivere della mia vita, quasi come se uno stupido diario potesse darmi le risposte che non ero in grado di trovare da sola.
Poi col passare degli anni, iniziai ad avvicinarmi alla blogosfera, grazie al mitico Windows98, sistema operativo del mio primo pc.
Cominciai a scrivere sul blog di Msn, per poi addentrarmi in Splinder, iobloggo e sì, blogspot.
In un tripudio di colori sgargianti con cui talvolta sottolineavo le parole "chiave", raccontavo di quanto fosse difficile crescere, tra scuola, amicizie intense ed amori non corrisposti.